Archivio Aperto 2018: "Animazioni moderniste" - intervista ad Andrea Mariani

3 novembre 2018

https://www.youtube.com/watch?v=RT1OWhMaLvw

 

Animazioni moderniste. Cartoni animati e passo uno nel cinema dei Cineguf (1934-1943) è l'evento gratuito che riporta alla luce i cortometraggi di animazione realizzati dai Gruppi Universitari Fascisti (Cineguf). Se ti interessa conoscere le tecniche di sperimentazione cinematografica dell'epoca, ti consigliamo di non perdere la proiezione di sabato 3 novembre alle ore 17.30, presso Home Movies - Istituto Parri in via S.Isaia 18-20.

L'evento fa parte del programma di Archivio Aperto 2018 XI edizione, la rassegna che mostra i video privati e inediti raccolti da Home Movies - Archivio Nazionale del Film di Famiglia, della quale abbiamo già segnalato alcuni appuntamenti

Incuriositi dalla relazione tra corto di animazione, passo uno e Gruppi Universitari Fascisti, ci siamo domandati che cosa possa arrivare ai giovani contemporanei dalla visione delle opere dei giovani vissuti in epoca fascista e abbiamo intervistato il curatore Andrea Mariani, docente di Teoria e critica dei media e dei nuovi media presso l'Università di Udine. 

  • In relazione ai Cineguf, qual è il significato che si dà alla parola “sperimentale”?

La nozione di sperimentale, nel periodo tra le due guerre, subisce una fondamentale revisione, in favore di un significato che da una parte richiamasse la costruzione di una competenza (tecnica, quella cinematografica) e dunque una sperimentazione in senso ampio, dall’altra prendesse le distanze dalla dimensione più classicamente amatoriale e dilettantistica del cinema a passo ridotto: un tentativo di sublimare una pratica, accentuarne la serietà e la distanza sia dal cinema dei dilettanti, sia dal cinema istituzionale (un cinema italiano per lo più avversato dalle giovani generazioni). Dall’altra parte è, nello stesso tempo, una strategia retorica che evidenzia la dimensione razionale (quasi taylorista) e tecnica di una pratica a servizio della società. Va detto che significativamente questo tipo di revisione lessicale nel campo del cinema amatoriale si verifica similmente negli Stati Uniti: non a caso un paese in piena rivoluzione fordista.

  • All’interno del suo articolo Cinema sperimentale del Cineguf”, apparso sul Manifesto, afferma in diversi punti che la produzione filmica dei Cineguf era politica ma non di propaganda. Secondo lei, in che modo questi film politici, prodotti da cineasti che si auto dichiaravano fascisti, sfuggivano alla propaganda?

La pratica cinematografica dei Cineguf va innanzitutto inquadrata in una fase del fascismo che non è più quella squadrista, violenta e esplicitamente propagandista; è la fase della costruzione del consenso attraverso complesse e pervasive strategie di istituzionalizzazione, a tutti i livelli dello stato e della società. Anzi, gli eccessi propagandistici vengono preferibilmente ridimensionati, a favore di strategie più subdole e di una vera e propria microfisica del potere. Il cinema dei Guf è uno degli esiti di queste strategie e la sua legittimità politica si giocava più nella messa in forma di una pratica a servizio del regime (una generazione di giovani cineasti competenti, pronti a mettersi al servizio delle necessità nella società fascista), che nella definizione di contenuti più o meno adeguati alla retorica di regime.

D’altra parte, molto raramente i film venivano ostacolati o peggio “censurati”: un film come Cinci (1939) di Michele Gandin restituisce una visione tragica e sconfortante della società italiana di provincia, eppure viene premiato ai Littoriali del cinema di Merano da una commissione che includeva gerarchi; semmai venivano screditati per incompetenze tecniche (i casi di Il cuore rivelatore [1934] di Mario Monicelli, troppo goffo, o di La città nemica [1939] di Renzo Renzi che venne giudicato male per una sonorizzazione maldestra). Infine, sul piano estetico, va sottolineato che per questa generazione valeva una ricerca di realismo cinematografico per così dire “trasparente”, dove la registrazione della realtà e della vita italiana valeva in sé come testimonianza del fascismo. In altre parole, il cinema dei Guf si proponeva di riflettere la realtà italiana che, va da sé, non poteva che essere (già) fascista. Queste due dimensioni sono l’essenza politica della pratica cinematografica dei Guf.

  • Con quali criteri sono state selezionate le pellicole per l’appuntamento di sabato 3 novembre “Animazioni moderniste. Cartoni animati e passo uno nel cinema dei Cineguf”? Perché proprio i cartoni animati? Come si relazionano e comunicano tra di loro questi corti? 

Per quanto la produzione vastissima dei Cineguf avesse coperto tutti i generi principali, tra i titoli ad oggi sopravvissuti e recuperati, i film di animazione (come anche i documentari scientifici) rappresentano un’assoluta rarità. Il cinema d’animazione porta traccia della ricchezza e complessità delle influenze culturali che alimentavano i giovani dei Cineguf, tra secondo futurismo, surrealismo, astrattismo: le realizzazioni di Fernando Cerchio (futuro regista di Peplum e Commedie nel dopoguerra) e Luigi Veronesi ci raccontano questo scenario. 

Ne approfitteremo, poi, per mostrare documenti inediti di un cortometraggio d’animazione mai realizzato di Bruno Munari, allora vicino ai giovani del Cineguf di Milano e al mondo degli astrattisti e dei surrealisti. Il programma presentato parte nel 1935, anno importante per il lancio delle attività dei Cineguf, ma anche per le celebrazioni del quarantennale della nascita del cinema, celebrazioni che coinvolgono i Cineguf e che testimoniano la forte coscienza storico-cinematografica di questi giovani: un elemento questo che si riflette nel cinema d’animazione, come una delle pratiche e dei generi più legati alle origini del mezzo cinematografico.

La carrellata si conclude poi con il film astratto di Luigi Veronesi, prodotto dalla Dolomiti film di Luciano Emmer, di ambiente Cineguf: anche in questo caso mostreremo documenti inediti sulla sua realizzazione. In generale il programma sarà un’occasione per riflettere su queste pratiche e sulle tracce di lavoro sopravvissute, attraverso documenti inediti e fotografie che accompagneranno le proiezioni.

  • La tecnica del passo uno (in inglese stop motion), utilizzata nei Cartoni animati dei Cineguf, è ancora impiegata da cineasti contemporanei e allo stesso tempo suscita l’attenzione di molti giovani che si avvicinano oggi alla produzione cinematografica. Perché, dal suo punto di vista, il passo uno riesce a resistere al tempo?

Il passo uno, e le progressive sofisticazioni, resta una tecnica profondamente legata alla storia (qualcuno direbbe ad un’archeologia) del cinema: ancor più del documentario – che trova tutto sommato la sua radice genealogica nella serie culturale della fotografia – l’animazione e il passo uno guardano ancora più indietro e più in profondità nelle origini della riproduzione e creazione del movimento. In fondo, è una tecnica tra le più auto-riflessive e metalinguistiche, non a caso ripresa da registi che spesso toccano queste corde, come Tim Burton, ma anche Wes Anderson. Sul fronte dei Cineguf, uno dei documenti che presenteremo è una piccola storia del cinema d’animazione scritta da uno dei giovani dei Cineguf, non a caso intitolata “Dalle lanterne magiche ai cartoni animati”, a conferma del profondo afflato teorico che pervadeva la pratica cinematografica di questi giovani (un nesso strettissimo tra teoria e pratica che si perderà progressivamente negli associazionismi del dopoguerra) e una coscienza già matura della storia del cinema.

  • Tra i cineasti del Cineguf ci sono anche alcuni tra i pionieri del neorealismo. Perché e in che modo avviene il passaggio dalla produzione fascista alla ricerca neorealista? Quali sono i tratti che questi autori riportano anche nel cinema neorealista? Quali invece le grandi contrapposizioni?

Questa è una domanda capitale e complessa, difficile da rispondere in poche righe. Diciamo che la questione del realismo è centrale per tutto il periodo tra le due guerre, trasversalmente tra le arti (per quanto sia anche al centro della visione articolata e apparentemente contraddittoria del modernismo nel fascismo, tra realismo e avanguardia) e i Cineguf ne fecero il fronte estetico di maggior sperimentazione e l’orizzonte ultimo di ogni loro realizzazione (da qui anche l’assoluta preminenza del genere documentario).

Tuttavia, una riflessione sul cammino verso il neorealismo deve tener conto anche di altri fattori e in questo i Cineguf mi sembrano determinanti: innanzitutto una crescente comprensione e “integrazione” (gestuale, corporale e intellettuale, direi antropologica) del mezzo tecnologico cinematografico, ovvero un’autocoscienza che i Cineguf esplorano in profondità, lasciandone molte tracce (una quantità enorme di materiale backstage, una pratica vissuta integralmente alla riflessione teorica) e che racconta, sul lungo periodo, di una maturazione progressiva, che fornirà l’approdo a un nodo centrale per il neorealismo, ossia  quello tra tecnica, tecnologia e soggettività.

In secondo luogo vanno considerati gli eventi storici: il realismo nei Cineguf (nella fiction come nel documentario) doveva corrispondere, come dicevano, ad una trasmissione per così dire trasparente della realtà fascista (“la vita basta da sola”, scrivevano); questo esercizio pervasivo, unitamente ad una comprensione profonda del linguaggio e del mezzo tecnologico, si riflettono significativamente nella complessa elaborazione che nel neorealismo si articola tra memoria (che include, per alcuni giovani dei Cineguf, anche l’elaborazione di una “colpa”: una delle figure più emblematiche è quella di Renzo Renzi, allora animatore del Cineguf di Bologna), trauma (la guerra) e realità fisica.

  • Che cosa può arrivare ad un pubblico più giovane dalla visione dei corti animati selezionati per questa edizione?

I corti che mostreremo raggiungono spesso una qualità eccezionale e testimoniamo una voglia e una capacità di fare cinema (e di comprenderne le potenzialità) che è lontana anni luce dal racconto di un cinema fascista sciatto e superficiale. Il punto è che il cinema, innanzitutto, era anche molto altro: pratiche marginali, pratiche sperimentali, contaminazioni inter-disciplinari, cultura viva e produttiva, la volontà (da parte dei giovani universitari) di offrire un’alternativa attendibile. In questo senso, i Cineguf erano un’avanguardia, per quanto segnata in profondità dalla compromissione col fascismo. In alcuni casi poi – si vedrà il film Le disavventure della terza compagnia – i risvolti erano inquietanti: i sintomi dell’insoddisfazione (non diciamo del frontismo) o dell’inquietudine spesso trasparivano tra le maglie dei racconti.

Quella dei Cineguf è comunque una generazione straordinaria, che ha saputo sfruttare a proprio vantaggio le facilitazioni offerte dall’istituzionalizzazione della cultura operata dal regime e insieme gli spazi di autonomia di una cultura fascista dai confini spesso porosi (molto diversa dal caso nazista). Scoprirli entusiasti sperimentatori prima degli sconvolgimenti della guerra, è una lezione che merita di essere ascoltata e che soprattutto merita di essere letta al di là delle implicazioni ideologiche: queste devono necessariamente essere riconosciute, non taciute (sarei molto cauto in generale a parlare di frontismo), ma non devono oscurare la possibilità di coglierne il valore culturale e antropologico assoluto, anche nella comprensione del passaggio al dopoguerra e all’antifascismo.


Informazioni e contatti 

Animazioni moderniste. Cartoni animati e passo uno nel cinema dei Cineguf (1934-1943)
Sabato 3 novembre, ore 17.30 
Home Movies - Parri, Via Sant'Isaia 18-20

Archivio Aperto XI edizione
Dal 26 ottobre al 03 dicembre 2018 
Home Movies - Parri, Via Sant'Isaia 18-20
Tel: 051 3397243
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Sito: homemovies.it