Festival di Venezia 2017

Dal 30 agosto al 9 settembre 2017

Mercoledì 30 agosto avrà inizio la 74° edizione della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica, più semplicemente nota come Festival di Venezia. Negli undici giorni di proiezioni verranno presentati oltre 100 lungometraggi, più numerosi corti e 18 classici restaurati. Di tutti questi, 21 concorreranno per il Leone d’oro, uno in più dell’anno scorso, come uno in più rispetto al 2016 saranno gli italiani ammessi al concorso principale, (Ammore e malavita dei Manetti Bros., Hannah di Andrea Pallaoro, Una famiglia di Sebastiano Riso e The Leisure Seeker di Paolo Virzì), quattro titoli che si contenderanno un premio che negli ultimi 50 anni è stato vinto solo tre volte da un film nostrano (l’ultimo Sacro GRA di Rosi nel 2013).

Alla sua nona edizione, il direttore Alberto Barbera sembra proseguire il suo percorso di avvicinamento al cinema hollywoodiano, che ormai vede in Venezia il proprio interlocutore prediletto in Europa. Ecco allora che quest’anno il Lido accoglierà registi che qualcuno potrebbe definire commerciali: George Clooney che con Suburbicon cercherà di far dimenticare il precedente e poco apprezzato The Monuments Men e di tornare ai fasti dei suoi thriller; Guillermo del Toro che con The Shape of Water proseguirà il proprio personale discorso sull’orrore; Darren Aronofsky con il chiacchieratissimo mother! (la minuscola è parte del titolo); Martin McDonagh con Three Billboards Outside Ebbing, Missouri. Per il quinto anno consecutivo, poi, sarà proprio un film statunitense ad aprire la Mostra: Downsizing, uno sci-fi movie che segna una svolta inaspettata nella carriera di Alexander Payne.

the shape of water
The Shape of Water - Guillermo Del Toro



 

Non mancano certo autori cosiddetti “da festival”, come Abdellatif Kechiche che dopo la Palma d’oro nel 2013 (La vita di Adele) punta al Leone con Mektoub, My Love: Canto Uno, o Samuel Maoz, già Leone d’oro nel 2009 con Lebanon, ma l’impronta filoamericana è evidente, soprattutto considerando che in concorso ci saranno anche film realizzati fuori dai grandi circuiti hollywoodiani ma pur sempre statunitensi, come il documentario di tre ore e mezza Ex Libris - The New York Public Library firmato da Frederick Wiseman e First Reformed del figlio negletto della New Hollywood Paul Schrader.

Critiche e polemiche non sono mancate, visto e considerato che ben otto film, quasi la metà di quelli in concorso, sono statunitensi, lasciando così poco spazio a cinematografie commercialmente meno importanti ma molto apprezzate a Venezia. Fuori dai confini statunitensi ed europei Barbera ha pescato solo dall’Australia (Sweet Country di Warwick Thornthon), da Israele (il già citato film di Maoz), dalla Cina (Jia Nian Hua di Vivian Qu, unica donna in concorso) e dal Giappone (Sandome No Satsujin di Koreeda Hirokazu), a cui al limite si può aggiungere la coproduzione franco-libanese L'insulte, di Ziad Doueiri.

Mancano nazioni o addirittura interi continenti di solito presenti e spesso premiati al Lido (e in tanti altri festival) come Filippine, Turchia, Russia, Corea del Sud, Sudamerica. Basti pensare che tra i paesi vincitori delle ultime sei edizioni, l’unico rappresentato quest’anno è l’Italia. Una scelta criticabile, certo, ma che in realtà segue un indirizzo preciso, e finora vincente. Un concorso sempre più pop (e che questo sia o non sia un difetto è tutto da vedere) ha reso Venezia una manifestazione di successo e importanza sempre maggiore, e la forza con la quale si sta imponendo nel mondo del cinema è innegabile.

mother!
mother! - Darren Aronofsky


Non a caso è proprio alla Mostra che Ai Weiwei presenterà il suo nuovo attesissimo documentario, Human Flow, segno evidente di quanto essa sia diventata un punto di riferimento per tutta l’industria artistica, e non sia più “solo” uno spazio dove proiettare e premiare film. Tra l’altro, ciò non significa poi una reale esclusione del cinema più ricercato: le sezioni collaterali, infatti, presentano una ricchissima selezione di film provenienti da tutto il mondo e di autori di grande spessore artistico.

A conti fatti, se non si ragiona per sezioni ma si guarda al Festival nel suo complesso, le premesse di questa edizione sono eccellenti. Il programma è variegato come forse mai prima d’ora, offrendo scorci di ogni tipo di cinema possibile, e anche le scelte più commerciali sono comunque assai apprezzabili: Clooney ha dimostrato di essere uno dei più solidi registi di thriller degli ultimi anni e Del Toro è forse il più grande autore di genere vivente, ad esempio.

Come si sa, ogni anno è la peggior edizione di sempre, secondo un certo pubblico del Lido, che ha già affilato le proprie armi e attende ansioso di scagliarsi senza pietà sulla Mostra e i suoi organizzatori. Gli altri, invece, potranno godersi un Festival davvero promettente e abbondante di buon cinema, senza dover più stare a fare oziose distinzioni tra film da festival e film commerciali.